Come ogni anno, quando inizio a trattare in classe i problemi matematici, mi ritrovo a riflettere su quali tecniche e strategie introdurre per fornire ai ragazzi gli strumenti più consoni ad affrontarli e risolverli.
Mi piacerebbe qui condividere con colleghi eventualmente interessati (ma la tematica è di interesse generale, come diremo tra poco) alcune considerazioni su cosa sia un problema, su come porsi e come risolvere i problemi, poichè questi concetti non sono né banali né scontati.
Pensiamo di sapere veramente, ma proprio…veramente, cos’è un problema? Bene, verifichiamolo!
Secondo The American Heritage Dictionary, un problema è “a question put forward for consideration, discussion or solution; a question that exercises the mind”. (Un quesito da prendere in considerazione, da discutere o da risolvere; un quesito che esercita la mente).
Secondo il Dizionario della lingua italiana G. Devoto – G.C.Oli, un problema è “un quesito che attende una soluzione (in matematica un quesito che richiede la determinazione o la costruzione di una o più entità che soddisfano a date condizioni fissate in precedenza)”.
In un documento di studio dell’ UMI (Unione Matematica Italiana), si può leggere che:
In diversi contesti sperimentali, linguistici e matematici, in situazioni varie, relative a contesti scolastici ed extrascolastici, porsi e risolvere problemi vuol significare:
In diversi contesti sperimentali, linguistici e matematici, in situazioni varie, relative a contesti scolastici ed extrascolastici, porsi e risolvere problemi vuol significare:
- riconoscere situazioni problematiche e rappresentarle;
- avviare, discutere e comunicare strategie risolutive;
- risolvere problemi posti da altri;
- porsi e risolvere (nuovi) problemi.
- avviare, discutere e comunicare strategie risolutive;
- risolvere problemi posti da altri;
- porsi e risolvere (nuovi) problemi.
Possiamo perciò, da qui, subito asserire che porsi e risolvere problemi vuol dire non solo imparare le cose della Matematica, ma già collocarsi essenzialmente tra coloro che avranno assimilato l’abitudine di pensare (con metodo) anche e soprattutto al di fuori dell’ambiente scolastico.
Porsi e risolvere un problema consentirà di individuare il significato di una proposizione, di riconoscere approcci e percorsi risolutivi diversi, di attivare autonomamente processi di verifica dei percorsi seguiti, di scegliere, eventualmente ottimizzando, fra soluzioni diverse.
Porsi e risolvere problemi si colloca, in modo naturale, trasversalmente rispetto alle tematiche matematiche fondanti e anche rispetto agli altri ambiti disciplinari.
Quali sono le caratteristiche del problem posing?
Porsi u n problema vuo dire comprendere la situazione descritta, esplorare le cause e la sorgente degli eventi interessati, assimilare i dati e le conoscenze ad essi associate, chiedersi quali siano le conseguenze della situazione, così come è descritta e in caso di modifiche, sia aggiuntive sia solo interpretative, individuare gli elementi significativi.
Il problem solving richiede il dar fondo alle proprie risorse, cimentarsi in campo aperto, esplorando tra le conoscenze possedute alla ricerca di quelle utili allo scopo del momento, sviluppare nuove conoscenze, variare i modi di utilizzare le conoscenze, compenetrare le conoscenze, arricchite, nel problema, discernere fra dati significativi e dati ridondanti, individuare eventuali dati mancanti e necessari al lavoro, controllare il processo risolutivo in riferimento all’obiettivo da raggiungere ed alla validità del prodotto ottenibile.
Nell’ambito del problem posing e solving, il concetto stesso di errore cessa di avere la valenza usualmente negativa, acquisendo la sostanza di strumento concettuale atto al miglioramento, strategico e di calcolo, delle capacità risolutive dell’alunno.
Porsi e risolvere problemi implica imparare a produrre congetture, prima semplici e magari non funzionanti, poi semplici e adatte allo scopo e infine congetture con sfaccettature sempre più elaborate e complesse, che possono dare inizio a capire la ricchezza, pratica e concettuale, degli avvicinamenti graduali e successivi alla soluzione. Se da un problema nascono, come deve essere, nuovi problemi strettamente collegati al problema iniziale, sarà necessario, da parte dell’insegnante, creare il contesto adatto perché il bambino o la bambina, il ragazzo o la ragazza, non solo non si senta disorientato se posto di fronte a un nuovo problema di crescita, ma riesca a cogliere in pieno l’arricchimento conoscitivo che risolvere il problema gli può inaspettatamente offrire.
Da un punto di vista puramente disciplinare o di ambito disciplinare, è molto importante il serbatoio di conoscenze e strategie che si riesce ad avere a disposizione al momento dell’approccio al problema. In tale serbatoio, dovranno essere presenti capacità grafiche e figurative, scelta di simboli e di notazioni, uso di diagrammi e grafici, ragionamenti di tipo feedback, capacità di riformulare il problema, azioni metacognitive, conoscenza di comuni procedure algoritmiche.
Per proporre il problem posing e il problem solving, l’insegnante dovrebbe interagire con lo studente...e poi ci sarebbe altro da dire.
Il problem solving è imprenscindibilmente legato anche alla comunicatività, ovvero è un'operazione "sociale" che stimola il confronto tra allievi ma anche tra docente ed allievi. Oltre tutti i requisiti da te ottimamente indicati, si può sviluppare anche la capacità di relazionarsi correttamente con l'altro, cogliendo l'idea positiva e possibilmente risolutiva che l'altro compagno propone, continuando metacognitivamente la stessa per approdare magari a soluzioni ancora più creative. Si genera così un apprendimento comunitario nel quale ognuno da un contributo in funzione del proprio background e ognuno di questi contributi risulta essere essenziale. Ci sarebbe forse molto da dire anche sulla connessione tra problem solving e capacità empatica, ma poi mi allargherei troppo, uscendo un po' dal seminato.
RispondiEliminaBuona domenica, cara. :-)
Sempre profondi e stimolanti i tuoi post, Annarì!...Già parlando di "problemi" con Giovanna, avevo ricordato qualche tempo fa come mi avesse colpito quanto scritto a proposito di problemi in ambito scolastico non ricordo più (ahi, l'età!...) se da Guido Petter o dalla Colombo Bozzolo (propenderei per quest'ultima, ma non vado a controllare...): detto in soldoni, era un invito a considerare la distinzione tra "problema-problema" e "problema-esercizio", essendo la stragrande maggioranza dei problemi assegnati a scuola di questo secondo tipo. Quando, in geometria, chiedevo ai ragazzi: "Come potremmo fare per calcolare la superficie del piano della cattedra?" si sviluppavano di solito lunghe discussioni per arrivare, attraverso vari tentativi, alla formula tradizionale, passando per varie modalità di riempimento del piano con superfici-campione di vario tipo, ecc. ecc. Quando, una volta "scoperta" la procedura sintetizzata nella famosa formula, assegnavo il solito problema "Calcola l'area di un rettangolo lungo... e largo...", beh, quello era in realtà un "problema-esercizio", necessario per fissare concetti e strategie, ma ben diverso dalla situazione problematica da cui eravamo partiti...A livello metodologico-didattico, il problema...dei "problemi" a mio parere richiede che, intanto, si prenda coscienza di quella differenza e, poi, che si propongano il più possibile "problemi-problemi", i soli che mettono in moto veramente e seriamente le capacità risolutive e creative degli alunni e non solo l'applicazione di procedure standard preventivamente già individuate. Il discorso sarebbe lungo, ma per il momento chiudo.
RispondiEliminaCiao, Annarita!
Renato.
@claudia: brava! Hai riempito alcuni di quei puntini di sospensione che ho lasciato alla fine del post!
RispondiEliminaNo, no! Non usciresti dal seminato facendo riferimento alla connessione tra problem solving e capacità empatica. E' assolutamente attinente! Comunque sei uno a uno per il lettore scientifico e per quello matematico!
@renato: che bella narrazione dell'esperienza concreta vissuta a scuola. Caro Renato hai contribuito significativamente al post, apportando la ricchezza del vissuto con gli alunni.
Se non sbaglio sei a due su quattro per il lettore matematico;). Non dimenticare la segnalazione post, tramite link!
Claudia, Renato, che piacere confrontarsi con voi!
Ai prossimi commenti:)
lo finirò di leggere a casa davide
RispondiEliminaIn Informatica procediamo allo stesso modo, soprattutto per la ricerca di strategie e algoritmi risolutivi per la fase di problem solving, naturalmente c'è un intero campo di studio sulla ricerca di soluzioni..
RispondiEliminaSi va dalla ricerca di casi di studio a seconda del tempo impiegato (suddiviso in caso massimo, medio e minimo) oppure a seconda dello spazio impiegato dalla soluzione e così via.. Naturalmente dobbiamo cercare sempre di utilizzare la miglior soluzione possibile, anche se talvolta in alcuni casi non può esistere una soluzione perfetta o ancora non esiste proprio soluzione (e in matematica ci sono frequenti esempi).
@raffaele: contributo interessante a sostegno del fatto che il problem solving è una competenza trasversale ai diversi ambiti del sapere e della conoscenza.
RispondiEliminaBravo, Raf! Sei sicuro che non vuoi partecipare all'iniziativa "il lettore matematico"?
Saresti già uno a quattro....
Non appartengo al tuo settore lavorativo, ma ogni tanto passo di qui perchè mi accorgo che ho molto da imparare. Questo concetto, per esempio, è per me naturale da applicare nel mio lavoro, ma non l'avevo mai "messo a fuoco" con tanta chiarezza.
RispondiEliminaCiao, Elena. Sono contenta che tu abbia potuto trarre giovamento da questo post, che pensato per i colleghi è sicuramente estendibile ad altri ambiti.
RispondiEliminaContinua a passare di qui:), sarai sempre la benvenuta.