Matematicamente

sabato 3 novembre 2007

[Contributi] Il nastro di MÖBIUS per un'apologia

Si conclude con questo post  l'originale contributo sulla Topologia dell'amico Gaetano Barbella, come seguito di questi due post: Sulla Topologia (1° parte) e Sulla Topologia (fine 1° parte)


Grazie Gaetano, ti aspettiamo ancora su questo blog con altri apporti interessanti.


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IL NASTRO DI MÖBIUS PER UN'APOLOGIA


(Seconda parte)


Nella prima parte è sembrato di scoprire un certo barlume sulla sapienza e sugli uomini dei quali si è dubitato a ragion veduta. Ma occorreva che ciò si determinasse, giusto l'intervento dell'angelo dell'Apocalisse che rassicurava l'uomo, in Giovanni apostolo, a non stupirsi. Come a voler far sperimentare il bruciore del fuoco, non per sentito dire, ma col prudente contatto con la fiamma e così la stessa cosa per altri generi di esperienze.
Ora occorre di conseguenza occuparci della tradizionale geometria messa da parte – ma in buona fede – dall'amico matematico con la sua spiegazione della parabola evangelica del cammello e cruna d'ago risolti coll'ausilio della topologia.
Anche qui è preziosa la raccomandazione di Giovanni dell'Apocalisse,  quando soggiunge al detto citato a conclusione della prima parte di questo scritto che era «Qui sta la sapienza». Dice chiaramente così: « Chi ha intelligenza calcoli il numero della bestia: essa rappresenta un nome d'uomo» [Ap 13,18]. Si tratta di cose matematiche da risolvere, è ben chiaro dunque!


Dico “in buona fede”, sul conto dell'amico matematico, perché, come si conclude nella didascalia della figura iniziale, occorreva che nascesse una visione nuova della geometria che così si liberava di tutte le concezioni metriche e “rigide” accumulate in millenni di storia del pensiero. Occorreva che la scienza si portasse avanti, quale astronauta verso le incommensurabili realtà stellari del cosmo per cogliervi nozioni scientifiche nuove, indispensabili per il progresso dell'uomo.


Ma dell'infinito, traslando il concetto ivi riposto, cui siffatto astronauta andava incontro, ora ci si accorge che cela luoghi strani e tenebrosi come i cosiddetti “buchi neri” che tutto ingoiano. Con questo intendo significare che essersi “denudati”, ovvero essersi privati della superata  “geometria”, è come aver rinunciato ad essere degli umani, anche se “poveri” per credere di essere diventati “ricchi”. Nondimeno è nella tradizionale geometria opportunamente aggiornata, traslandone il contenuto, tutto il corredo umano, con la memoria per prima, buona e cattiva che sia. Insomma occorre riprenderla in mano per scovarvi qualcosa di dimenticato che solo qui si può ritrovare.


Non solo ma c'è di più da capire sulla geometria dimenticata. Sono da scoprire fatti ad essa connessa per via analogica, che l'indice proteso, dell'angelo dell'Apocalisse, verso il «nome d'uomo» vuole far convergere le ricerche. Io dico che la geometria che occorre eviscerare è la stessa che ha a che fare –  sempre per via analogica – con il «libro a forma di rotolo, scritto sul lato interno e su quello esterno, sigillato con sette sigilli» [Ap 5,1] nelle mani dell'assiso sul trono di Dio, citato nell'Apocalisse in questione.
Il passo è breve (ma ci sono non pochi matematici a sorridere su questo “breve”) per intravedere questo strano libro che, a rigore di logica, non può essere a forma di rotolo (ovvero una sfera o un cubo non può trovare riferimento topologico una toro), in una singolare concezione geometrica il noto “nastro di Möbius”. Non si può negare che questa curiosa forma geometrica ha davvero proprietà topologiche sorprendenti.


Colgo perciò l'occasione che mi offre questo meraviglioso nastro, che fa da corona alla geometria, sì da porli entrambi sul moggio perché diffondano la loro fulgida luce, finora impigliata nelle tenebre. Ma è la stessa topologia, che fino ad oggi prudentemente l'ha messa in disparte, ora si dispone mio tramite a dar lustro al nastro di  Möbius quale capostipite di una fratellanza di nastri da essa generati e saldamente incatenati come in amore.


nastro_moebius


Ma quanto è venuto alla luce il nastro di Möbius?
Dal preambolo fatto sopra, la risposta è – di certo – da sempre, ma la scoperta della sua geometria (che tutti conosciamo sin da bambini perché costituisce un gioco simpatico che da esso deriva), parte da una certa data a cavallo del 1800.
Furono due matematici tedeschi, August Ferdinand Möbius e Johann Benedict Listing, indipendentemente l’uno dall’altro, che si occuparono peculiarmente della topologia di questi nastri. Per capire di che si tratta farò capo proprio al gioco delle striscie di carta del gioco dei bambini.


Il nastro di Möbius (che di seguito indicherò solo con M.): è la figura così costruita: si prenda una striscia di carta a forma di rettangolo molto allungato, i cui lati successivi (partic. a della fig.) sono AB, BB', B'R' A'R, e la si incolli lungo i lati minori AA', BB' in modo però che R vada a coincidere con B' e A' con B. Si ottiene una superficie (partic. b della fig.) che gode di proprietà topologiche notevoli: per es. essa non è orientabile; ci si rende conto di ciò considerando un circoletto orientato e facendolo scorrere sul nastro in modo che il suo centro ne percorra per intero la linea mediana: tornando alla posizione di partenza si perviene al circoletto iniziale orientato però nel verso opposto.
Il nastro di M. è inoltre una superficie "unilatera”: se, infatti, si cerca di dipingere quella che si direbbe “una” faccia del nastro, si dipinge tutto il nastro il quale ha perciò “una sola faccia”. Inoltre se si taglia il nastro lungo la sua linea mediana, non si ottengono, come ci si aspetterebbe, due anelli, ma uno solo: nel partic. c della fig. si osserva il procedimento e si nota che l'anello ottenuto ha due distinte facce. Se, invece, il taglio viene eseguito lungo una linea che disti dal bordo del nastro di una quantità uguale ad un terzo della larghezza (partic d della fig.) il nastro si suddivide in due anelli: uno di essi (H in fig.) è un nuovo nastro di M., diversamente dall'altro (K), che è un anello a due facce.


Il nastro di M. è la più semplice superficie topologica che presenta il fenomeno della torsione. [2]


Per il procedimento di calcolo dei parametri cartesiani del nastro di M. si vedano di seguito le seguenti tre equazioni:


x_moebius


y_moebius


 z_moebius



Dove0_moebius
e-1_moebius



In questo modo si ottiene un nastro di Möbius di larghezza 1, centrato in (0,0,0) e con il cerchio centrale giacente sul piano x-y. Variando il parametro “u” ci si muove lungo il nastro, mentre variando “v” si passa “da un bordo all'altro” (anche se in realtà è sempre lo stesso).


 tabella nastri


Della topologia del nastro di M. è interessantissimo rianalizzare il fatto che tagliandolo in due o più triscie a piacimento, da esso si generano nastri di sviluppo diverso o uguale. Non solo, ma con uno o due torsioni per 360°, che costitiscono la caratteristica esclusiva dei nastri M..


Ma quel che meraviglia in uno dei due casi generazionali contemplati nella tabella, è che vi sono nastri con “una faccia”, ossia del tipo M., e del tipo con “due facce” (già rilevato in precedenza). Però ciò che non stato rilevato è che ogni nastro o anello, che dir si voglia (tutti quelli derivanti dal nastro di M.), è concatenato al sistema da cui deriva.


Talché se si recidesse, per esempio, un anello del tipo ad “una faccia” (quelli simili al nastro di M.) relativo ad una certa fase generazionale, che non si esaurisce con 9 divisioni, così come in tabella, si dà principio ad un nuovo albero genealogico. Non è così se si recidesse invece un qualsiasi anello della seconda specie, quello a “due facce”. In questo caso l'anello è come se ritornasse ad essere similmente alla striscia di carta che poi occorre ricomporre unendo i bordi estremi opportunamente invertiti per ottenere un nuovo nastro di M.


Ecco una straordinaria regola topologica che, insieme alle altre, come lascerò intravedere con la conclusione di questo scritto, pare che abbia dato lo spunto a degli studiosi per fare dei passi avanti nella ricerca della scienza chimica e biologica.
Ma occupiamoci ora della tabella sopra esposta. È divisa in due parti:
la prima riguarda la generazione di partenza, avente per capostipite il nastro di M.;
la seconda riguarda i nastri a “due facce”, il cui capostipite è il tipo derivante dalle divisioni comprese nella prima parte, ma con “due facce”, ovviamente, e sviluppo pari a due volte quello di base di M..


In grigio scuro sono evidenziati i nastri perfettamente uguali al nastro di M. di partenza.
Ma c'è un'ultima cosa sui nastri di M., quelli con “una faccia” e con “due facce”:
come si fa a disegnarli?


Di seguito presento due figure che attengono i nastri di partenza della serie generazionale contemplati nella tabella suddetta. Si vedrà che non è poi tanto complicato come si poteva pensare che fosse, avendo giocherellato con le striscie di carta che sono piane e non permettono una configurazione spaziale regolare.


toro_moebius1a


toro_moebius2b



 








Come si vede dalle due figure a sinistra e a destra, sono rappresentati i due tipi di nastri, che è possibile disegnare facendo capo da una struttura geometrica dei solidi, il toro, che è un anello a sezione circolare. Il nastro, di ognuno delle figure, è individuato attraverso il diametro della sezione del toro.  A sinistra  è in mostra il nastro di base “con una faccia”, che tutti conosciamo col nome di Möbius, mentre l'altro è quello che vi deriva, ma con “due facce”. La torsione, come si vede, è una per l'intero nastro, ossia per 360°, mentre l'altra è due volte l'intero nastro.


 



 IL DNA E IL NASTRO DI MÖBIUS





dnaStruttura elicoidale a doppio filamento del DNA, proposta per la prima volta nel 1953 da Watson e Crick. La struttura portante dell'elica è costituita dalle unità zucchero-fosfato dei nucleotidi. I pioli sono formati dalle quattro basi azotate: adenina e guanina (le purine) e timina e citosina (le pirimidine). Ogni piolo è formato da due basi. La conoscenza delle distanze è stata determinante per stabilire la struttura della molecola del DNA; le distanze furono calcolate in base a fotografie, ottenute con la diffrazione dei raggi X, eseguite da Rosalind Franklin.


Mi disse anni fa queste cose, ancora quel solito amico matematico in risposta ad un mio messaggio:


«...viaggiamo tutti su questo nastro di Möbius, metafora dell'esistente che riflette sé stesso, dunque metafora di tutti noi, appianatore, come tu dici.
So che un gruppo di chimici e biologi di (...) hanno preso la forma del nastro come base delle loro geometrie; una di loro venne da me a chiedermi lumi “topologici”, anni fa. Non so, poi, cosa hanno dedotto...».



(Gaetano Barbella, Il geometra - pensiero in rete)

Note:


[1]  http://progettomatematica.dm.unibo.it/Topologia1/intro.htm
[2] Tratto dal libro IV del «LESSICO UNIVERSALE ITALIANO» edito dalla Treccani.



3 commenti:

  1. Il seguito è stato all'altezza della prima parte. Un contributo veramente originale e fuori dalle righe!

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  2. Devo dire che l'approccio pur non essendo certamente dei più semplici, è stato veramente interessante!

    Tornerò a rileggere alcuni passaggi su cui ho bisogno di riflettere ancora.


    Grazie, Gaetano:)

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  3. Mi sono procurato la lode da te Artemisia e te Ruben grazie all'ospitalità di Annarita che mi confonde di lodi anche lei. Perciò sono io che ringrazio tutti voi.

    Ma non è stato mai facile procurarsi la lode con la divulgazione di concezioni scientifiche fuori dai canoni accademici. Però oggi, a differenza del passato, la cosa è favorita dal grande apporto di Internet. E poi gioca il ruolo importante proprio la buona disposizione di non pochi uomini di scienza, oggi tutti in “trasferta” ai “confini” delle certezze “matematiche”, tentando e ritentando di valicare limiti sanciti, fino a quel momento invalicabili.

    Lo scienziato a differenza del mistico non ha certezze, ed è a ragione o cagione di ciò che è portato a fare il pioniere nel mondo delle idee tutte da scoprire. Richard P. Feynman, il famoso scienziato Premio Nobel morto nel 1988, nel suo libro «Il senso delle cose» definiva a suo modo questo mondo delle idee. Per lui non importava da dove provenissero. Diceva tra l'altro: «La loro origine vera è sconosciuta. La chiamano “immaginazione”, “creatività” (in realtà non sconosciuta, è solo un’ altra cosa come l’“abbrivio”). Stranamente molti non credono che nella scienza ci sia posto per la fantasia. E’ una fantasia di un tipo speciale, diversa da quella dell’artista. Il difficile è cercare di immaginare qualcosa che a nessuno è mai venuto in mente, che sia in accordo in ogni dettaglio con quanto già si conosce, ma sia diverso; e sia inoltre ben definito, e non una vaga affermazione. Non è niente facile.».

    Gaetano

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