venerdì 31 ottobre 2008

La Ragione Profonda Della Cosiddetta "Riforma" Della Scuola

Girls_at_the_Kabayan_school_with_their_teacherQuesto è un blog didattico dedicato ai miei alunni dove si tratta di didattica della matematica, ma come docente, educatrice e cittadina non posso esimermi dal considerare in questo contesto le note vicende che stanno attraversando il sistema educativo nazionale:  scuola e università.


Ho letto molto, tutto quello che mi è stato possibile, su blog e testate di giornali, e tra tutti mi hanno colpito in particolare alcuni articoli del mio amico Piero Vereni,  eccellente antropologo, ricercatore all'Università di Roma Tor Vergata.


Piero, con la sua solita lucidità, svolge un'analisi accurata dell'esistente, ricercandone le ragioni profonde nel recente passato e paventando un futuro prossimo che si prospetta foriero di "distruzione culturale ed economica " e  come "tempo vergognoso di ristagno sociale e di miseria culturale".


Riporto l'introduzione di un lungo articolo, il resto andate a leggerlo alla fonte.


Scrive Piero:


"Purtroppo, la cosiddetta “riforma” della scuola ha una ragione profonda. Mi riferisco assieme alla 133 sull’Università, al “decreto Gelmini” che riguarda la scuola dell’obbligo e alla recente uscita della Lega di introdurre le “classi ponte” per i bambini stranieri. Paradossalmente, la riduzione dell’orario scolastico, il taglio drastico e trasversale delle risorse senza alcuna considerazione per le effettive esigenze delle scuole e degli studenti, corrisponde a un’effettiva razionalizzazione dei costi e benefici da parte dello Stato.
Lo Stato non è ovviamente un sistema autonomo, ma l’insieme delle pratiche sociali organizzate attorno a specifici campi di forza. Per capire quel che vuole fare la Gelmini (e questo Governo) bisogna chiedersi a cosa serva la scuola pubblica, e perché sia nata come servizio universale. Lo Stato non ha bisogno né desiderio di essere buono, e quel che gli serve è mettere in moto servizi che lo mantengano in vita possibilmente rafforzandolo. Quando nacque l’idea di “scuola dell’obbligo” la definizione già ne chiariva lo scopo: non si trattava di dare maggior libertà ai cittadini, ma un ulteriore dovere, da rispettare per il bene pubblico. Andare a scuola, nella seconda metà dell’Ottocento, in uno Stato di recente formazione frammentato per usi linguistici, tradizioni culturali e composizione sociale, voleva dire imparare i rudimenti di una cittadinanza condivisa. Questa condivisione era essenziale al funzionamento delle strutture dello Stato. Un operaio anche semplice, necessario poniamo per stendere binari e traversine (indispensabili all’uniformazione strutturale del paese, dato che senza un sistema di comunicazioni omogeneo uno Stato non è tale, cfr. le strade consolari dei Romani) doveva essere in grado di lavorare dove ce ne fosse bisogno, parimenti in Piemonte, Abruzzo o Calabria. Se quell’operaio aveva fatto almeno la seconda elementare aveva se non altro imparato a capire una serie di comandi di base in lingua italiana, e quindi poteva essere utilizzato su tutto il territorio nazionale. La migrazione interna (pensate che la seconda città italiana per numero di Calabresi è Torino) si poteva realizzare con maggior efficacia se una parvenza di koinè linguistica andava a colmare i gap dialettali. Un operaio specializzato o un impiegato dovevano essere in grado di leggere i manuali di istruzione delle loro attrezzature o delle loro pratiche burocratiche, e per questo lo Stato era disposto a investire nell’insegnamento.
Avere cittadini con un certo grado di omogeneità culturale era indispensabile, un investimento costoso ma il cui ritorno era evidente. Naturalmente la rapida separazione dei percorsi scolastici (scuole medie contro scuole di avviamento al lavoro) serviva a mantenere nitida la distinzione tra le classi e a garantire la loro relativa impermeabilità (si diventava operai da famiglie contadine, o insegnanti da piccoli bottegai, ma non si diventava medici da contadini o notai da impiegati). Eppure il sistema pubblico, l’istruzione concepita come “obbligo” e come “dovere” ha prodotto una nuova coscienza sociale, per cui l’istruzione è stata considerata un “valore in sé”. Si pensi, ad esempio, come una visione del tutto distorta di questa idea di educazione (sempre più ideologicamente distaccata dal sistema della produzione) abbia ridotto nel secondo dopoguerra l’istruzione universitaria di molte Facoltà a un insieme di nozioni spesso prive di senso e prive soprattutto di qualunque legame con la realtà sociale del paese, ma questo è un altro discorso.
Fino a quando ha retto il sistema fordista, lo Stato aveva la necessità di investire decentemente nell’istruzione per garantirsi quel livello di funzionalità strutturale (industria e servizi) indispensabile al suo funzionamento “moderno”.
Poi è arrivata la crisi del modello delle merci e della struttura lavorativa di base. E questo ha cambiato il rapporto tra Stato e istruzione." Continua a leggere il post originale.


Altamente consigliata la lettura dei seguenti articoli dello stesso autore:


- La rivoluzione è un pranzo di gala (anche: facinorosi visti da vicino)


- Università e tagli


- Legga, signora ministra


Consiglio ancora la lettura dell'eccellente  libro di Piero "Vite di confine"

20 commenti:

  1. Discutiamo,ci ribelliamo,lottiamo e pure il decreto in quattro e quattr'otto viene approvato.

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  2. Cara Stella, purtroppo funziona così in questa nostra Italia!

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  3. Ho letto con interesse l'articolo di Piero Veleni e per mia "deformazione" mentale (mettiamola così, oramai mi sono fatto questa fama qui da Annarita!) ho cercato di intravederne il solito risvolto esoterico che sembra portare alla comprensione - ipotizziamo - delle riforme in atto della scuola e università italiana, e di tante altre cose che vi riguardano.

    Piero Veleni paventa delle conseguenze, con un «futuro prossimo che si prospetta foriero di "distruzione culturale ed economica " e come "tempo vergognoso di ristagno sociale e di miseria culturale"». E non esagera per niente ne convengo.


    Credo che ci sia un parallelo fra tutto ciò che egli ha detto con passione sul tema suddetto e la mia versione esoterica, appunto, che rilasciai nell'agosto scorso al giornale online TELLUS folio. In quell'occasione erano di scena l'istituzione dei grembiuli nella scuola elementare.

    Riporto di seguito il testo integrale del mio intervento che in prima battuta era un commento ad un articolo, poi tradotto in un successivo articolo presentato dal direttore del giornale, l'amico Claudio Di Scalzo.


    Gaetano Barbella: Grembiuli a scuola grembiuli nella massoneria


    Le novità della politica e del costume che Tellusfolio “critica” e descrive creano intrecci di punti di vista decisamente originali nei Commenti; alcuni vengono ri-proposti in prima nella varie sezioni. È il caso di questo accostamento proposto da Gaetano Barbella fra i grembiuli della cattolicissima integralista cattolica Mariastella Gelmini ministro della P.I. e i grembiuli massoni. Sia i primi che i secondi in cerca di corpi da rilanciare nella fede. (Claudio Di Scalzo)


    GREMBIULI A SCUOLA GREMBIULI NELLA MASSONERIA


    I grembiulini mi portano a ben altri “grembiuli”, ma nessuno vi bada.


    Colgo su un portale massonico una lettera “Sulla massoneria italiana per i fratelli nei grembiuli polacchi”. Fra l'altro viene rivolta questa domanda allo scrivente, Roberto Bijno, appartenente al Gran Oriente d’Italia, Palazzo Giustiniani, quale libero massone da oltre 35 anni.


    «Kamil Racewicz: Vi preghiamo di presentare la situazione generale della libera muratoria in Italia. È dinamica, efficace, oppure sta attraversando le crisi e ha perso il suo spirito? Si parla della necessità di qualche riforma nella libera muratoria?»


    La risposta:


    «Una domanda difficile da rispondere. Sarei portato di dire che la crisi mondiale sulla tolleranza, sulla moralità e sulla fratellanza è palese nella attuale massoneria in generale. Ritengo che i tanti Orienti d’Italia (due importanti e una pletora di pseudo massonerie, 35) hanno tutte lo stesso problema: cioè quello che confondono la vera massoneria, da un circolo culturale o meglio solo un circolo anche di bassa lega, dove si entra soprattutto solo per fare affari, trovare appoggi, trovare magari un lavoro.


    «Non esiste più la voglia e forse la capacità di ascoltare la voce del nostro cuore e del nostro intelletto per cercare di capire e di risolvere i problemi del mondo e della umanità in generale.


    «Tutto è lasciato al caso e molti dei Ffr.: entrano già in massoneria come dei frustati, che sono delusi dalla vita quotidiana, alla sola ricerca del “grembiule” più prestigioso o più elaborato. Oppure desiderano solo altri orpelli quali insegne, medaglie, fasce ecc.»


    Firmato: REDAZIONE DI TORINO: www.massoneriaitalia.it


    La mia impressione è che si avverte una carenza di vere vocazioni fra le logge della massoneria, e così si è cercato di porvi rimedio mettendo un po' d'ordine a cominciare sin dalle scuole elementari con i grembiulini e ripristinando il potere del voto di condotta.


    Gaetano Barbella


    (Articolo di riferimento: Rosangela Pesenti. A chi serve il 7 in condotta?)

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  4. Cara Annarita, grazie dell'attenzione e dei giudizi positivi che dai sulle cose che ho scritto. Ci ho pensato molto, da agosto in poi, mi sono letto il 137 e poi i pezzi del 133 che riguardano l'università. Sul decreto del "maestro unico" non ho più dubbi che si tratti di un classico caso di doppiogiochismo all'italiana. Il decreto (ormai legge) parla infatti solo del "modulo" e non dice nulla del tempo pieno, ma ha l'effetto di rendere impossibile la prosecuzione della didattica basata sul tempo pieno. Mi fa rabbia che la ministra neghi nelle interviste quel che è destino ineluttabile nella legge: il tempo pieno si farà lì dove le scuole avranno le risorse. Ma dato che le risorse non ci saranno, il tempo pieno resterà un lusso di chi potrà pagarlo, e sarà trasformato in parcheggio per i bambini dalle 13 alle 16.30. Sull'università spero di leggere segnali più confortanti. In fin dei conti la Gelmini ci ha solo detto CHE taglierà, ma non ha ancora spiegato COME e A CHI. Spero che provi almeno a introdurre un poco di meritocrazia e qualità, tagliando i fondi di ricerca a quei dipartimenti che non producono. Ma sapremo qualcosa la settimana prossima. Intanto aspettiamo, e non abbassiamo la soglia di attenzione. Per fortuna ci sono insegnanti capaci e attente come te, e io spero tanto che vengano finalmente valorizzate. Un abbraccio, Piero Vereni

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  5. Gaetano, grazie del contributo, come al solito molto ricco e significativo.

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  6. Caro Piero, concordo su tutta la linea. E' un classico caso di doppiogiochismo all'italiana, che in ogni caso penalizza chi non ha i mezzi, mentre chi ha già continuerà indisturbato ad avere. L'ex-decreto 137 lascia la porta aperta ad interpretazioni di comodo nella scuola.

    Per quanto riguarda l'Università, aspettiamo di vedere cosa succede anche se, in tutta onestà, non mi faccio illusioni.

    La vera meritocrazia è lontana dalla cultura italiana altrimenti non avremmo la fuga di cervelli all'estero e il conseguente impoverimento nel campo della ricerca.

    Ti ringrazio del tuo contributo a far chiarezza per mezzo dei tuoi articoli sempre lucidi e realistici.


    Un abbraccio.

    annarita


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  7. Non mi pare di essere troppo lontano dall'ipotesi fatta, additando un'"altra laicità" (con le idee confuse, a quanto sembra) che non si vuole far apparire in campo, ma che invece sussiste al punto di volersi presentare in Tv...

    «Torna Gelli e tifa Berlusconi: l'ex venerabile maestro in tv, è polemica», titola l'articolo a riguardo, "Il Messaggero.it" di oggi.

    Gaetano

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  8. No, caro Gaetano! Non sei affatto lontano, purtroppo.


    Ho appena letto l'articolo su vari blog!


    Sono sconcertata e disgustata!

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  9. Grazie della segnalazione dell'interessante articolo, Annarita.

    Il fermento di questi giorni in un'Italia che pareva anestetizzata (da Vereni "Invece di aguzzare la vista per capire meglio quel che succede, vogliono farci chiudere gli occhi, sperando che in questo modo la distruzione culturale ed economica a cui stiamo andando incontro sarà meno dolorosa.") se non dà forse modo di sperare per il meglio, non dà neppure la certezza di disperare.

    Un saluto caro

    r.

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  10. Sì, Renata! Anch'io voglio nutrire questa speranza, nonostante tutto!


    Un abbraccio

    annarita

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  11. Ho letto l'articolo e purtroppo sono molto pessimista e non vedo un barlume di luce in questo caos in cui siamo caduti per aver avuto gli occhi bendati ( io non me li sono bendati ) ma i più a quanto pare sì e ora si tappano anche le orecchie .

    sono davvero triste

    elisa

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  12. Un articolo interessante per i retroscena storici che vengono evocati. Tuttavia i riferimenti con la politica mi hanno un po' disorientato e non ho capito più di tanto.

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  13. Ho letto ll'articolo. Interessante l'analisi che viene fatta e concordo che molti hanno paura delle novità e si difendono criticandole, ma in questo caso ci sono dati e fatti che non possono portare a ritenere che non stiano cercando di affossare la scuola pubblica e quindi bisognberebbe che tutti si fosse compatti.


    Ed invece no....


    Ciao!

    Daniele il Rockpoetga

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  14. ahi ahi ahi ogni ministro della scuola che prende le redini di questa, purtroppo non cambia leggermente le cose, come sarebbe giusto, ma le stravolge letteralmente, scatenando la rabbia (più che giusta) di noi studenti. proprio non riesco a capire come mai gelmini abbia deciso di tornare così all'antica. purtroppo il governo italiano si sta distruggendo da solo. l'unica cosa che posso dire è che sarebbe meglio se iniziassimo a prendere esempio dagli stati del nord (vedi finlandia) che senza farsi notare sono arrivati al top della scuola nel mondo. penso che su questo argomento ci sia parecchio da riflettere.

    un saluto da riccardo di 2b

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  15. Cara Elisa, comprendo la tua amarezza, che è anche la mia, ma non bisogna gettare la spugna!


    Un caro saluto

    annarita

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  16. Vogliono creare una scuola al servizio delle classi più ricche: solo chi avrà la pecunia per sostenere gli studi dei propri figli nei costosi atenei privati andrà avanti,. Per le classi non abbienti le possibilità saranno ridotte al lumicino. L'istruzione privata è un businness: a Milano gli studenti del primo anno della Bocconi provenienti da fuori subiscono l'assalto di agenti immobiliari assetati di denaro, comprano computer, attivano collegamenti internet. Roba da ricchi! Io tornerei a programmi ministeriali uguali per tutti! Siamo stufi di "offerte formative" fatte ad uso e consumo del portafogli di pochi. Tutti, se capaci, devono avere le stesse opportunità. Un caro saluto, Fabio.

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  17. Francy, i riferimenti alla politica attuale mi sembrano, invece, molto chiari...

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  18. Daniele, lo sai che sono d'accordo con il tuo punto di vista...


    E' fondamentale, in questo momento più che mai, rimanere uniti.

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  19. Hai decisamente ragione, Riccardo, ci sarebbe molto su cui riflettere...e tu sei un ragazzo assennato.

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  20. E' il pericolo che stiamo correndo, Fabio. Piero Vereni nella sua lucida analisi ha messo bene in evidenza questo aspetto.


    Un caro saluto

    annarita

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