Ragazzi e lettori, come promesso, continuo con la pubblicazione del primo capitolo dell'ebook "Storie di numeri di tanto tempo fa". Alla fine del post, troverete il link alle due prefazioni, già pubblicate sul blog.
Buona lettura!
Buona lettura!
AN - AM, BEL E LE LORO PECORE
STORIE
DI NUMERI
DI TANTO TEMPO FA
STORIE
DI NUMERI
DI TANTO TEMPO FA
di David Eugene Smith
(Traduzione di Anna Cascone)
CAPITOLO I
Come Ching, An-Am e Menes contavano
I ceppi di legno stanno ardendo nel grande camino di pietra della villetta vicino al mare. Il Cantastorie è seduto nella sua poltrona e sta guardando un libro dalle immagini strane e dalle lettere ancora più strane. La ragazza dai modi buffi sta danzando sulla soglia della porta e con lei ci sono gli altri che chiama Folla, stanca per le ore trascorse a giocare sulla spiaggia.
«Solo una storiellina prima di andare a dormire» dice Burlona.
«Solo una» fanno in coro gli altri.
«Non una parola» fece quello col libro dalle pagine strane.
«Oh, solo una» dice Burlona.
«Solo una» supplica la Folla.
«Beh, solo una» dice il Cantastorie, il quale ogni volta finiva per cedere.
«Prendete la sedia allora, mettete un altro ceppo ad ardere e ascoltate la storia di Ching, An-am e Menes.»
I ceppi ardevano, la Folla era seduta accanto al fuoco e quello dallo strano libro raccontò questa storia:
Tanto, tanto tempo fa neanche i cinesi più saggi sapevano indicare l’anno o il secolo in cui il piccolo Ching, il primogenito del re, giocava nei boschi ai piedi del monte Yu, dipingeva una faccia sul guscio della sua tartaruga più grande e raccontava al soldato che gli faceva la guardia quante tartarughe avesse. A dire il vero, Ching aveva solo tre tartarughe ma non conosceva la parola “tre”; neanche il soldato e il re sapevano dire altro all’infuori di “Sì, ci sono molte tartarughe”.
Tanto tempo fa era così; neanche nei luoghi più remoti della terra, di cui la Cina faceva parte, la gente sapeva contare. Era prima che i re avessero palazzi, corone o vestiti regali, quando erano poco più che selvaggi. Quindi non ci meravigliamo che Ching, sebbene fosse il figlio di un re, sapesse contare solo fino a “uno, due”; oltre tale cifra ogni cosa era “molto”. È fino a qui che la gente doveva saper contare quando Ching giocava nella foresta ai piedi del monte Yu, in quanto i soldi non erano ancora stati inventati. Oggi utilizziamo i numeri principalmente per le cose che ci occorrono. A quei tempi i re avevano molti schiavi, li facevano lavorare, li mandavano ad uccidere gli animali per portare pelli per coprirsi e carne da mangiare. Poche persone dovevano saper contare e solo questi pochi avevano imparato. Neanche i più saggi sapevano molto sui numeri che noi oggi usiamo, in quanto non ne avevano bisogno.
Nel tempo in cui Ching veniva allevato in Cina, viveva sulle pianure della Mesopotamia, nell’Asia meridionale, un ragazzo di nome An-am. Era il figlio di Bel, un pastore del paese che più tardi venne chiamato Babilonia. Bel si occupava delle pecore, allontanava i lupi che si aggiravano furtivi di notte e faceva molta attenzione che nessuna pecora scappasse dal gregge. Un giorno Bel chiamò An-am: «Ci sono molte pecore qui; riportale indietro.» In realtà c’era solo qualche pecora ma né An-am né Bel sapevano contare fino a tre, e i numeri più grandi li chiamavano “molti”. Nonostante ciò Bel e An-am conoscevano le pecore così bene che erano in grado di dire se ne mancava qualcuna, proprio come fa oggi un cane pastore quando una si smarrisce. Quindi An-am e Bel sapevano contare “uno, due, tre, molti” e questo era tutto ciò che avevano bisogno di sapere sull’aritmetica.
Mentre Ching giocava nella foresta ai piedi del monte Yu e An-am aiutava a fare la guardia alle pecore che si nutrivano vicino all’Eufrate, un altro ragazzo viveva sulle rive del Nilo nell’antico Egitto. Il nome di questo ragazzo era Menes e viveva non lontano dal luogo in cui adesso un’enorme diga sbarra le acque del grande fiume. La piccola capanna in cui viveva Menes era la più splendida casa che lui, suo padre e sua madre avessero mai visto e aveva solo una stanza, più piccola dell’aula in cui voi studiate l’aritmetica.
Le cose stavano così migliaia di anni fa, molto prima che la gente avesse delle vere case, molto prima che qualcuno sapesse leggere e scrivere, molto prima che il mondo avesse imparato a tessere abiti eleganti e molto prima che gli uomini conoscessero un modo alternativo per fare luce anziché sfregare due pezzi di legno per accendere un fuoco. Menes era orgoglioso della magnifica casa in cui viveva, sebbene fosse solo una capanna, ed era felice di poter dire «Abbiamo moltissime palme intorno alla nostra casa», sebbene ce ne fossero solo sei. Menes aveva sentito suo padre e sua madre parlare di un albero, due alberi, tre alberi e quattro alberi; oltre tale cifra dicevano semplicemente “moltissimi alberi”, in quanto attribuivano un nome solo ai numeri fino a quattro; tutti quelli che venivano dopo erano moltissimi, proprio come noi potremmo parlare di tantissime mele.
Quando Ching, An-am e Menes crebbero e diventarono uomini, cioè quando Ching diventò re, An-am diventò amministratore dei beni del re babilonese e Menes diventò un grande capitano nelle guerre contro gli schiavi che vivevano a sud, Ching sapeva contare solo fino a due, An-am fino a tre e Menes fino a quattro, perché è fin qui che sapeva contare la gente di questi paesi nei tempi in cui il mondo stava uscendo dall’inciviltà, i soldi non erano ancora stati inventati e si misuravano la terra, i palazzi o le cose che si barattavano.
Diverse centinaia di anni dopo altri ragazzi giocarono nella foresta ai piedi del monte Yu e contavano “uno, due, due più uno, due volte due, due volte due più uno, molti”. Il mondo stava crescendo e la gente sentiva l’esigenza di numeri più grandi, per cui contavano fino a “due volte due più uno”, che noi oggi chiamiamo “cinque, e oltre questa cifra ogni cosa veniva chiamata semplicemente “molti”.
Altri ragazzi si occuparono delle pecore in Babilonia e i loro genitori gli insegnavano a contare a tre per volta – “uno, due, tre, tre più uno, tre più due, due volte tre, due volte tre più uno, due volte tre più due, tre volte tre, tre volte tre più uno, tre volte tre più due, molti”; non conoscevano la parola per dire quattro, per cui non sapevano dire “quattro volte tre” e quindi dicevano “molti”. Ovviamente utilizzavano un’altra parola nella lingua dell’antica Babilonia. La Mesopotamia stava invecchiando e la gente sentiva l’esigenza di dare più nomi ai numeri; ma non avevano ancora i soldi e quei pochi nomi bastavano.
Mentre i ragazzi contavano fino a “due volte due più uno” in Cina e fino a “tre volte tre più due” in Mesopotamia, i ragazzi egiziani giocavano sotto le palme dove molto tempo prima Menes aveva guardato con orgoglio alla capanna di suo padre. Tuttavia non esisteva più una capanna con una sola stanza in quanto il mondo stava invecchiando e i discendenti di Menes adesso avevano una casa con due stanze e i Menes di questo periodo avevano imparato un nuovo modo per contare. La gente lungo il Nilo aveva scoperto che le dita della mano li avrebbero aiutati con i numeri, e quindi inventarono nuovi nomi fino a cinque; Menes ora contava “uno, due, tre, quattro, cinque, cinque più uno, cinque più due” e così via fino a “cinque volte cinque più quattro”. Poi smise e diceva “moltissimi”. Sapeva contare i numeri grandi più dei Ching e degli An-am ma “cinque volte cinque più quattro” fa solo ventinove e questo numero per noi non è così grande. Tutto ciò accadeva molto prima che la gente sapesse leggere e scrivere, quando utilizzavano coltelli fatti di pietra e quando pensavano che il mondo stesse invecchiando. Per noi invece sembra che esso sia sempre stato giovane.
Centinaia di anni dopo, nuovi Ching, nuovi An-am e nuovi Menes giocavano ancora nella foresta di Yu, sulle pianure della Mesopotamia e sulle rive del Nilo, ma adesso il mondo cominciava a sentire che “cinque volte cinque più quattro” non era un numero sufficientemente grande, neanche per l’antico Egitto. Poi qualcuno pensò che se la gente riusciva a contare fino a cinque sulla mano, allora si sarebbe potuto contare anche fino a dieci su due mani. Per cui i Ching, gli An-am e i Menes di quel tempo contavano gli alberi e le pecore imparando i nomi dei numeri fino a dieci e dicevano “uno più dieci, due più dieci, tre più dieci” e così via fino a “dieci volte dieci, dieci volte dieci più uno”, molto più di quanto sperassero. Il mondo aveva scoperto che le dieci dita erano utili per la conta e quindi imparò a contare a dieci alla volta; questa fu una delle più grandi scoperte che il mondo avesse mai fatto. Sebbene i ragazzi e le ragazze parlino lingue diverse, tutti hanno dieci dita, per cui tutta la gente civilizzata adesso conta a dieci per volta.
Vicino all’equatore, dove fa caldo e la gente non indossava le scarpe, contavano sia sulle dita dei piedi che sulle dita delle mani, imparando i nomi distinti dei numeri fino a venti – non “uno più dieci”, “due più dieci” e “tre-dieci” (tre-dici), bensì “undici”, “dodici” e così via, utilizzando nomi appropriati fino a venti, che a volte chiamavano “uomo finito”. Dopo tale cifra contavano a venti per volta. Alcune di queste persone migrarono in altri paesi e portarono con sé il loro modo di contare. Ma la maggior parte delle persone nel mondo facevano come i figli di Ching, An-am e Menes – cioè contavano a dieci per volta. Quando sentiamo “sessanta anni più dieci” e quando i francesi dicono “quattro venti” al posto di ottanta, queste sono due testimonianze del vecchio modo di contare per venti per volta.
Così il mondo imparò da Ching, An-am e Menes, dai loro figli e dai figli dei loro figli e così via per centinaia e centinaia di anni, prima contando per due o tre per volta, poi per cinque, dieci o anche venti per volta. Pochi provavano a contare per dodici per volta, per cui abbiamo dodici pollici in un piede, dodici once in una libbra e dodici cose in una dozzina. Il motivo per cui il mondo contava per dieci per volta era che Ching, An-am, Menes, voi e io abbiamo solo dieci dita sulle mani.
Dopo il periodo di cui abbiamo parlato, il mondo imparò a scrivere i numeri. Perché diverse razze li scrivevano in diversi modi e i mercanti, che barattavano con quelli che parlavano una lingua diversa, rappresentavano i numeri con le dita. Per almeno duemila anni i mercanti di diversi paesi facevano segno con le dita barattando nelle grandi fiere dove si incontravano per comprare e vendere le merci che viaggiavano da un paese all’altro – le spezie dall’India, la seta dalla terra di Ching, la lana dalla patria di An-am e i datteri dalle palme sotto cui Menes giocava molti secoli prima.
«Contavano veramente così?» chiese Burlona.
«Sì» rispose quello dallo strano libro.
«Penso sia divertente» disse Burlona.
«A Ching potrebbe sembrare non più divertente del tuo modo» disse il Cantastorie.
«Ci racconterai un’altra storia domani sera?» chiese una ragazza della Folla.
«Niente più storie,» rispose il Cantastorie, «se non andate subito a letto.»
«E poi?»
«Domani dobbiamo compilare tutti insieme la Sezione Domande e ciascuno deve rispondere a una domanda.»
«E poi?» chiese Burlona.
«E poi? Beh, poi vedremo» rispose il Cantastorie.
Ma che bello e interessante! Un'ottima traduzione, mi sembra. Alla fine del capitolo si cita una Sezione Domande. Pensi di pubblicarla?
RispondiEliminaGrazie per questa meraviglia.
annarita:)
Un salutone
Artemisia.
Sì, sì, Arte! Aggiungo in coda la sezione domande, questo pomeriggio.
RispondiEliminaCiao.
rosy: che bello! mentre leggevo mi è passato per la mente le parole di Gesù " se non ti perdonerà lui, chiedilo al Padre mio, Lui ti perdonerà settantavolte sette" un po come i numeri della tua storia..
RispondiEliminaAllora alla prossima?
Un bacione.
Salve prof.....
RispondiEliminaQuesto post è veramente bello e interessante.... se tutto non fosse partito migliaia di anni fa noi adesso non avremmo tutti questi numeri....
per un conto sarebbe stato meglio perchè così non avremmo tutto sto compito(espressioni, frazioni, numeri decimali, ecc..);
dall'altra parte è meglio così, che abbiano scoperto tutto.....
Buona serata....arrivederci....a lunedì...
P.S.
Forse farò la giustificazione per il compito di lunedì perchè ho la mia CRESIMA insieme a Marco M. e Manuel Z......
Salve da Davide P. 2b