Ecco a voi il quarto capitolo! Buona lettura!
STORIE
DI NUMERI
DI TANTO TEMPO FA
DI NUMERI
DI TANTO TEMPO FA
di David Eugene Smith
(Traduzione di Anna Cascone)
CAPITOLO IV
Come Gupta, Mohammed e Gerbert scrivevano i numeri
«Niente storia stasera» scrisse il Cantastorie a caratteri cubitali su un pezzo di carta, sorridendo. Poi fissò l’avviso allo spigolo della mensola proprio sopra il camino, ritornò a sedersi nella sua poltrona, aprì il suo strano libro e fece finta di leggere.
Qualche minuto dopo una certa signorina entrò in punta di piedi e se ne andò di nuovo in punta di piedi. C’era un brusio e un sottofondo di risate nell’entrata, la porta si aprì piano, Burlona entrò di nuovo in punta di piedi, cancellò il “niente” e con una matita ci scrisse sopra “Una gran bella”.
Poi la Folla si precipitò dentro e lessero tutti ad alta voce, “Una gran bella storia stasera”.
«Cosa ci guadagno se mi metto a discutere con la Folla?» chiese il Cantastorie.
«Niente» rispose la Folla.
Questa volta il Cantastorie non vedeva l’ora di iniziare mentre la Folla lo ascoltava. Questa, quindi, è la storia che raccontò.
Era una giornata afosa e Gupta, dalla pelle olivastra e vestito di marrone, giocava all’ombra del bambù sulle rive dell’Indo, il grande corso d’acqua che dà il nome all’India.
Gupta era contento di stare al riparo dal sole cocente, contento di sguazzare nell’acqua con una canna di bambù, contento di vivere in quell’antica terra – antica anche quando giocava nei pressi dell’Indo duemila anni fa. Gupta non era mai andato a scuola perché non esistevano scuole come le nostre. Quindi non sapeva né leggere né scrivere; aveva una vaga idea dell’Europa ma nessuna dell’America.
Di tutte le persone che conosceva, solamente i sacerdoti del tempio vicino a casa sua sapevano leggere e scrivere, e nessuno in tutta l’Europa, l’Asia o l’Africa aveva mai sentito parlare dell’America – ci troviamo molti secoli prima che nascesse Colombo.
I sacerdoti notarono presto che Gupta era più intelligente degli altri ragazzi nel villaggio, per cui lo portarono al tempio e gli insegnarono a leggere e a scrivere. Gli insegnarono anche a scrivere i numeri fino a quattro, numeri che loro stessi erano sicuri di come si scrivessero, ma questi non assomigliavano affatto ai nostri. I primi tre numerali erano delle semplici linee dritte, come quelle utilizzate dai romani, e il quattro assomigliava al segno dell’addizione.
Gupta imparò a scrivere i numeri con una matita di acciaio affilata con la quale incideva lievemente su una foglia di palma. In India, ai tempi di Gupta e per molti anni a seguire, si scriveva sempre in questo modo sui libri ed erano molto diversi dal libro che state leggendo voi adesso.
Quando Gupta crebbe, imparò un altro tipo di numerali. Alcuni sacerdoti avevano visto questi numerali incisi sulle pareti di una grotta dove i pellegrini spesso trascorrevano la notte. È qui che si hanno le prime tracce del nostro attuale sistema di scrittura dei numeri, e si parla di più di duemila anni fa. Tuttavia non esisteva lo zero; nessuno sapeva scrivere un numero tipo 207 nel modo in cui facciamo noi e i simboli non erano migliori di quelli di Hippias, Daniel o Titus e neanche di quelli di Lugal, Ahmes o Chang.
Dopo la morte di Gupta, circa duemila anni fa, qualcuno ebbe la saggezza di inventare lo zero e da quel momento fu facile scrivere i numeri come li scriviamo noi oggi.
Nel periodo in cui venne inventato lo zero, nacque in un paese vicino al Mar Caspio un ragazzo i cui genitori gli diedero il nome di Mohammed, il grande capo religioso degli arabi.
Il piccolo Mohammed era un ragazzo molto intelligente e suo padre Mosè lo fece studiare con un uomo saggio che osservando le stelle sapeva dire che ora fosse, poiché l’orologio non si conosceva ancora.
Mohammed diventò uno studioso così noto che, quando era ancora giovane, venne chiamato a Bagdad in qualità di astronomo del califfo. I califfi erano i re del paese nei pressi del fiume Tigri e si narrano molte storie su di loro nelle Mille e Una Notte. Questi racconti descrivono Bagdad più o meno nel periodo in cui è vissuto il nostro Mohammed e parlano di Harun-al-Rashid, un nome che significa Aronne il Giusto. Mohammed conosceva il figlio di Aronne: i due studiavano e lavoravano insieme nell’osservatorio del califfo a Bagdad.
Mohammed figlio di Mosè scoprì che gli arabi di Bagdad usavano numeri abbastanza diversi da quelli che usiamo noi oggi. Tuttavia, secondo alcuni sapienti che venivano dall’India e che in quel periodo giunsero a Bagdad, Mohammed imparò i numerali usati in quel paese, numerali che erano alquanto simili ai nostri. Egli credeva che fossero migliori di quelli usati dagli arabi e quindi vi scrisse un libro. Questo libro fu portato in Europa da alcuni viandanti e contribuì a far conoscere a quella parte del mondo i numerali che noi oggi usiamo. Poiché i numerali giunsero in Europa dall’Arabia, vennero chiamati numeri arabi anche se non sono mai stati utilizzati dagli arabi prima.
In Francia, circa mille anni fa, viveva un ragazzo di nome Gerbert. Era uno studente così promettente che i sacerdoti della scuola che egli frequentava lo inviarono in Spagna con un nobiluomo di loro conoscenza; in questo modo avrebbe potuto imparare molto di più. Probabilmente lì incontrò gli arabi che conoscevano i numerali indù, visto che parte della Spagna all’epoca era sotto il dominio arabo, e quando ritornò a Roma spiegò questi numerali agli altri. Diventò uno degli uomini più dotti del tempo e venne eletto papa sotto il nome di Silvestro II. In questo modo i numerali che noi spesso chiamamo arabi vennero sottoposti all’attenzione di uomini dotti in Europa intorno all’anno 1000, sebbene si conoscessero da molto prima in Spagna e forse anche in Italia.
La calligrafia umana cambia così tanto di secolo in secolo e da paese a paese che i numerali usati da Gerbert erano molto diversi da quelli che noi studiamo a scuola e che oggi tutti usano in Europa e in America. Poco a poco, tuttavia, giunsero a somigliare quasi a quelli che vediamo adesso in aritmetica.
La stampa a caratteri mobili fu inventata in Europa intorno al 1450, sebbene si conoscesse da molto prima quella su blocchi incisi. Dal momento in cui i numerali vennero stampati per la prima volta, non sono cambiati di molto. Usiamo più o meno gli stessi simboli usati da Colombo. Questo perché le lettere e i simboli stampati non si evolvono così rapidamente come fanno le lettere e i simboli scritti a mano.
Un ragazzo italiano di nome Leonardo, che nacque circa sette secoli fa a Pisa, imparò questi numerali in una scuola araba nell’Africa del nord, dove suo padre lavorava. Quando diventò adulto, li descrisse in un libro contribuendo a farli conoscere. Ma ovviamente il libro non venne stampato all’epoca perché la stampa non si conosceva ancora in Europa. Lasciò il libro sottoforma di manoscritto, lo lessero in molti, soprattutto in Italia, e così facendo li impararono.
«Tutti questi ragazzi sono realmente esistiti?» chiese George.
«Sì, tutti.»
«Cosa sono quei segni buffi sotto la foto di Gupta?» chiese Clara.
«È il suo nome scritto nella propria lingua. A quei tempi gli indiani non conoscevano il nostro alfabeto. Ne avevano uno loro tutto particolare.»
«Ma quei segni non assomigliano a quelli che stanno sotto la foto di Mohammed» chiese Helen.
«Perché Mohammed ha scritto il suo nome in arabo» disse il Cantastorie.
«Gerbert era un ragazzo francese», disse Edward, «quindi perché non ha usato lettere francesi?»
«Perché il francese usa le lettere latine. Hai mai pensato quanto sia strano che gli americani parlino inglese e scrivano usando le lettere latine?»
«Come facevano a fare le operazioni con questi strani simboli?» chiese Maude.
«Questa è un’altra…»
«C’è un’altra storia allora!» proruppe la Folla.
«Dipende dalla Sezione Domande» disse il Cantastorie.
SEZIONE DOMANDE
1. Come fece Gupta a imparare i numerali?
2. Descrivi l’aspetto dei libri nel paese all’epoca di Gupta.
3. Perché i numerali usati da Gupta non erano migliori di quelli che conoscete voi? Quale simbolo importante mancava? Quando fu inventato questo simbolo?
4. Quando Mohammed figlio di Mosè si recò a Bagdad, scoprì che gli arabi utilizzavano questi numerali. Quando i nostri numerali raggiunsero Bagdad?
5. Cosa fece Mohammed figlio di Mosè per far conoscere i nostri numerali a Bagdad e anche in Europa?
6. In che periodo visse Gerbert e come venne a sapere dei nostri numerali? Che posizione di rilievo occupava?
7. In che periodo visse Leonardo a Pisa e cosa fece per far conoscere i nostri numerali?
8. Perché Leonardo non fece stampare il libro che scrisse da adulto?
9. Quando venne inventata in Europa la stampa a caratteri mobili?
10. Che tipo di stampa si conosceva prima dei caratteri mobili? Perché per i tipografi è meglio usare i caratteri mobili?
Qualche minuto dopo una certa signorina entrò in punta di piedi e se ne andò di nuovo in punta di piedi. C’era un brusio e un sottofondo di risate nell’entrata, la porta si aprì piano, Burlona entrò di nuovo in punta di piedi, cancellò il “niente” e con una matita ci scrisse sopra “Una gran bella”.
Poi la Folla si precipitò dentro e lessero tutti ad alta voce, “Una gran bella storia stasera”.
«Cosa ci guadagno se mi metto a discutere con la Folla?» chiese il Cantastorie.
«Niente» rispose la Folla.
Questa volta il Cantastorie non vedeva l’ora di iniziare mentre la Folla lo ascoltava. Questa, quindi, è la storia che raccontò.
Era una giornata afosa e Gupta, dalla pelle olivastra e vestito di marrone, giocava all’ombra del bambù sulle rive dell’Indo, il grande corso d’acqua che dà il nome all’India.
Gupta era contento di stare al riparo dal sole cocente, contento di sguazzare nell’acqua con una canna di bambù, contento di vivere in quell’antica terra – antica anche quando giocava nei pressi dell’Indo duemila anni fa. Gupta non era mai andato a scuola perché non esistevano scuole come le nostre. Quindi non sapeva né leggere né scrivere; aveva una vaga idea dell’Europa ma nessuna dell’America.
Di tutte le persone che conosceva, solamente i sacerdoti del tempio vicino a casa sua sapevano leggere e scrivere, e nessuno in tutta l’Europa, l’Asia o l’Africa aveva mai sentito parlare dell’America – ci troviamo molti secoli prima che nascesse Colombo.
I sacerdoti notarono presto che Gupta era più intelligente degli altri ragazzi nel villaggio, per cui lo portarono al tempio e gli insegnarono a leggere e a scrivere. Gli insegnarono anche a scrivere i numeri fino a quattro, numeri che loro stessi erano sicuri di come si scrivessero, ma questi non assomigliavano affatto ai nostri. I primi tre numerali erano delle semplici linee dritte, come quelle utilizzate dai romani, e il quattro assomigliava al segno dell’addizione.
Gupta imparò a scrivere i numeri con una matita di acciaio affilata con la quale incideva lievemente su una foglia di palma. In India, ai tempi di Gupta e per molti anni a seguire, si scriveva sempre in questo modo sui libri ed erano molto diversi dal libro che state leggendo voi adesso.
Quando Gupta crebbe, imparò un altro tipo di numerali. Alcuni sacerdoti avevano visto questi numerali incisi sulle pareti di una grotta dove i pellegrini spesso trascorrevano la notte. È qui che si hanno le prime tracce del nostro attuale sistema di scrittura dei numeri, e si parla di più di duemila anni fa. Tuttavia non esisteva lo zero; nessuno sapeva scrivere un numero tipo 207 nel modo in cui facciamo noi e i simboli non erano migliori di quelli di Hippias, Daniel o Titus e neanche di quelli di Lugal, Ahmes o Chang.
Dopo la morte di Gupta, circa duemila anni fa, qualcuno ebbe la saggezza di inventare lo zero e da quel momento fu facile scrivere i numeri come li scriviamo noi oggi.
Nel periodo in cui venne inventato lo zero, nacque in un paese vicino al Mar Caspio un ragazzo i cui genitori gli diedero il nome di Mohammed, il grande capo religioso degli arabi.
Il piccolo Mohammed era un ragazzo molto intelligente e suo padre Mosè lo fece studiare con un uomo saggio che osservando le stelle sapeva dire che ora fosse, poiché l’orologio non si conosceva ancora.
Mohammed diventò uno studioso così noto che, quando era ancora giovane, venne chiamato a Bagdad in qualità di astronomo del califfo. I califfi erano i re del paese nei pressi del fiume Tigri e si narrano molte storie su di loro nelle Mille e Una Notte. Questi racconti descrivono Bagdad più o meno nel periodo in cui è vissuto il nostro Mohammed e parlano di Harun-al-Rashid, un nome che significa Aronne il Giusto. Mohammed conosceva il figlio di Aronne: i due studiavano e lavoravano insieme nell’osservatorio del califfo a Bagdad.
Mohammed figlio di Mosè scoprì che gli arabi di Bagdad usavano numeri abbastanza diversi da quelli che usiamo noi oggi. Tuttavia, secondo alcuni sapienti che venivano dall’India e che in quel periodo giunsero a Bagdad, Mohammed imparò i numerali usati in quel paese, numerali che erano alquanto simili ai nostri. Egli credeva che fossero migliori di quelli usati dagli arabi e quindi vi scrisse un libro. Questo libro fu portato in Europa da alcuni viandanti e contribuì a far conoscere a quella parte del mondo i numerali che noi oggi usiamo. Poiché i numerali giunsero in Europa dall’Arabia, vennero chiamati numeri arabi anche se non sono mai stati utilizzati dagli arabi prima.
In Francia, circa mille anni fa, viveva un ragazzo di nome Gerbert. Era uno studente così promettente che i sacerdoti della scuola che egli frequentava lo inviarono in Spagna con un nobiluomo di loro conoscenza; in questo modo avrebbe potuto imparare molto di più. Probabilmente lì incontrò gli arabi che conoscevano i numerali indù, visto che parte della Spagna all’epoca era sotto il dominio arabo, e quando ritornò a Roma spiegò questi numerali agli altri. Diventò uno degli uomini più dotti del tempo e venne eletto papa sotto il nome di Silvestro II. In questo modo i numerali che noi spesso chiamamo arabi vennero sottoposti all’attenzione di uomini dotti in Europa intorno all’anno 1000, sebbene si conoscessero da molto prima in Spagna e forse anche in Italia.
La calligrafia umana cambia così tanto di secolo in secolo e da paese a paese che i numerali usati da Gerbert erano molto diversi da quelli che noi studiamo a scuola e che oggi tutti usano in Europa e in America. Poco a poco, tuttavia, giunsero a somigliare quasi a quelli che vediamo adesso in aritmetica.
La stampa a caratteri mobili fu inventata in Europa intorno al 1450, sebbene si conoscesse da molto prima quella su blocchi incisi. Dal momento in cui i numerali vennero stampati per la prima volta, non sono cambiati di molto. Usiamo più o meno gli stessi simboli usati da Colombo. Questo perché le lettere e i simboli stampati non si evolvono così rapidamente come fanno le lettere e i simboli scritti a mano.
Un ragazzo italiano di nome Leonardo, che nacque circa sette secoli fa a Pisa, imparò questi numerali in una scuola araba nell’Africa del nord, dove suo padre lavorava. Quando diventò adulto, li descrisse in un libro contribuendo a farli conoscere. Ma ovviamente il libro non venne stampato all’epoca perché la stampa non si conosceva ancora in Europa. Lasciò il libro sottoforma di manoscritto, lo lessero in molti, soprattutto in Italia, e così facendo li impararono.
«Tutti questi ragazzi sono realmente esistiti?» chiese George.
«Sì, tutti.»
«Cosa sono quei segni buffi sotto la foto di Gupta?» chiese Clara.
«È il suo nome scritto nella propria lingua. A quei tempi gli indiani non conoscevano il nostro alfabeto. Ne avevano uno loro tutto particolare.»
«Ma quei segni non assomigliano a quelli che stanno sotto la foto di Mohammed» chiese Helen.
«Perché Mohammed ha scritto il suo nome in arabo» disse il Cantastorie.
«Gerbert era un ragazzo francese», disse Edward, «quindi perché non ha usato lettere francesi?»
«Perché il francese usa le lettere latine. Hai mai pensato quanto sia strano che gli americani parlino inglese e scrivano usando le lettere latine?»
«Come facevano a fare le operazioni con questi strani simboli?» chiese Maude.
«Questa è un’altra…»
«C’è un’altra storia allora!» proruppe la Folla.
«Dipende dalla Sezione Domande» disse il Cantastorie.
SEZIONE DOMANDE
1. Come fece Gupta a imparare i numerali?
2. Descrivi l’aspetto dei libri nel paese all’epoca di Gupta.
3. Perché i numerali usati da Gupta non erano migliori di quelli che conoscete voi? Quale simbolo importante mancava? Quando fu inventato questo simbolo?
4. Quando Mohammed figlio di Mosè si recò a Bagdad, scoprì che gli arabi utilizzavano questi numerali. Quando i nostri numerali raggiunsero Bagdad?
5. Cosa fece Mohammed figlio di Mosè per far conoscere i nostri numerali a Bagdad e anche in Europa?
6. In che periodo visse Gerbert e come venne a sapere dei nostri numerali? Che posizione di rilievo occupava?
7. In che periodo visse Leonardo a Pisa e cosa fece per far conoscere i nostri numerali?
8. Perché Leonardo non fece stampare il libro che scrisse da adulto?
9. Quando venne inventata in Europa la stampa a caratteri mobili?
10. Che tipo di stampa si conosceva prima dei caratteri mobili? Perché per i tipografi è meglio usare i caratteri mobili?
rosy: aspettavo la storia dei numeri, questa sembra davvero una favola,
RispondiEliminaperò hai capito, anche la matematica ha il suo cantastorie.
Alla prossima, storia.
Bacione.
come è affascinante questo capitolo quando il cantastorie racconta le storie , mi immergo nella lettura e mi sembra di essere lì vicino a lui ad ascoltare la magnifica storia
RispondiEliminaasia bolognesi
cara prof,
RispondiEliminaquesto capitolo è bellissimo e questa storia miè piaciuta molto perchè è bello leggere questi racconti che parlano della storia dei nostri numeri. (che servono molto perchè senza quelli non si potrebbero fare molte cose...!)
BACI LETY N
Il quarto capitolo e' prorio interessante. L'ho letto volentieri assomiglia proprio ad un racconto di qualche libro della biblioteca. ma..... molto
RispondiEliminapiu' piacevole.!!!!
A presto
linda 2 b
Il quarto capitolo è molto interessante.
RispondiEliminaLisa e Alessia 2B