E’ quanto emerge da una ricerca condotta dagli studiosi Ian M. Lyons (2012 PhD graduate in psychology from UChicago e postdoctoral scholar at Western University in Ontario, Canada) e Sian L. Beilock (Department of Psychology, University of Chicago).
Lo studio dal titolo “When Math Hurts: Math Anxiety Predicts Pain Network Activation in Anticipation of Doing Math” è pubblicato sul corrente numero di PLOS ONE.
Eravamo a conoscenza della Matofobia, ma che addirittura l’ansia per la matematica potesse indurre una risposta nel cervello simile a quella connessa con la sperimentazione del dolore fisico, beh proprio no!
I ricercatori hanno lavorato con 14 adulti che hanno evidenziato di provare ansia sulla base delle loro risposte a una serie di domande sulla matematica. Ulteriori test hanno dimostrato che queste persone, non eccessivamente ansiose in generale, lo erano invece per specifiche situazioni inerenti alla matematica.
I volontari dello studio sono stati testati in una macchina fMRI (Functional Magnetic Resonance Imaging o Risonanza Magnetica Funzionale), che ha permesso ai ricercatori di esaminare l'attività del cervello mentre i volontari erano sottoposti a quesiti matematici come, ad esempio, verificare la validità della seguente equazione:
(12 x 4) - 19 = 29.
Mediante scansioni cerebrali, gli studiosi hanno determinato che, nelle persone con alti livelli di ansia da prestazione matematica (HMAs: high levels of mathematics-anxiety) si attivano le stesse aree del cervello che registrano la minaccia di danni fisici e, in alcuni casi, il dolore fisico.
Sorprendentemente, i ricercatori hanno scoperto che era l'anticipazione di doversi sottoporre ad una prestazione matematica, e non la prestazione matematica in se stessa, ad attivare nel cervello la sensazione del dolore fisico.
"L'attivazione del cervello non si verifica durante l'esecuzione della prestazione matematica, il che suggerisce che non è la matematica in sé a provocare dolore, bensì l'anticipazione dell’evento", afferma Ian Lyons.
In definitiva, la risonanza magnetica funzionale ha dimostrato che l'anticipazione della prestazione matematica causa nel cervello una risposta simile al dolore fisico. E quanto maggiori risultano l’ansia e la paura tanto più si attiva una porzione del cervello, l’insula posteriore, che si trova in profondità nel cervello, appena sopra l’orecchio, come potete vedere dalle immagini precedenti (prese dall'articolo su PLOS ONE). Tale area del cervello è associata alla percezione del dolore e delle minacce per il nostro corpo.
Ci conforta sapere che livelli di ansia per la matematica non sono stati associati con l'attività cerebrale in insula, o in qualsiasi altra regione neurale, mentre i volontari “stavano facendo matematica”.
La ricerca della Beilock e di Lyons suggerisce che gli ansiosi nei confronti della matematica possono iniziare a provare un doloroso senso di paura molto prima di sottoporsi ad un test di matematica. Precedenti ricerche hanno dimostrato che tali individui tendono ad evitare percorsi di carriera in cui è coinvolta la matematica.
La ricerca in questione è, inoltre, coerente con altre ricerche condotte dalla Beilock e da Lyons. Lo studio dei due ricercatori, sostenuto dalla National Science Foundation e dal Department of Education, ha anche dimostrato che l'ansia per la matematica può iniziare già nel primo grado dell’istruzione scolastica, e che le insegnanti di scuola elementare spesso trasmettono la loro ansia per matematica alle loro piccole scolare.
Fate attenzione, maestre!
I risultati della ricerca vedono l’ansia da matematica non solo come intermediaria per lo sviluppo di abilità matematiche deficitarie, ma anche come indicazione che ci possa essere una vera e propria reazione psicologica negativa alla prospettiva di fare matematica.
Questa reazione deve essere affrontata come qualsiasi altra fobia, hanno affermato i ricercatori. Piuttosto che limitarsi ad assegnare compiti di matematica agli studenti ansiosi, i docenti dovrebbero cercare di sostenerli e aiutarli nell’approccio a questa disciplina per loro ansiogena. La ricerca ha dimostrato, per esempio, che scrivere circa la propria ansia per la matematica, prima di un test, è in grado di ridurre il livello di preoccupazione e portare a migliori prestazioni.
Cara Annarita, certo che questa scoperta è strana, ma vera visto che è stata scoperta.
RispondiEliminaLa matematica non è un'opinione e ne una teoria, succede forse che un'area del cervello trovandosi a dover ragionare con dati logici va in tilt,ma questo non succede a tutti visto che ci sono tanti matematici.
In questo caso mi pongo una domanda... Il nostro cervello fin dalla nascita forse è programmato?
E forse da questa programmazione che ogni persona è unica? Per questo la vita è varia?
Bacione.
Ansia da prestazione per un
RispondiElimina(12 x 4) - 19 = 29
...allora morirebbero pazzi a ingegneria!
Molto interessante l'articolo.
RispondiElimina"Sorprendentemente, i ricercatori hanno scoperto che era l'anticipazione di doversi sottoporre ad una prestazione matematica, e non la prestazione matematica in se stessa, ad attivare nel cervello la sensazione del dolore fisico."
Come dici bene tu:
Ci conforta sapere che livelli di ansia per la matematica non sono stati associati con l'attività cerebrale in insula, o in qualsiasi altra regione neurale, mentre i volontari “stavano facendo matematica”.
Questo ci conforta, ma contemporaneamente pone ancora più in risalto le problematiche di accesso e proposizione verso la Matematica. Se l'ansia scatta prima e non durante, qualcosa comunque l'ha fatta nascere o l'ha alimentata. Io credo che i problemi di fondo derivino da un approccio sbagliato e da una comunicazione che si basa più su stereotipi che sulla reale conoscenza, comunicazione spesso fatta da chi della materia non ne conosce a fondo l'essenza reale e soprattutto non ha esperienza sul campo della didattica.
Due consigli quindi:
agli insegnanti - più trasporto e passione e meno formule buttate lì solo perché il programma lo impone. Se non vi piace la materia che insegnate lasciate perdere perché fate più danni che altro.
ai "comunicatori" - a voi che parlate di Matematica a titolo più o meno professionale, il consiglio è informatevi correttamente (che equivale a studiare) e passate un po' di tempo (parecchio sarebbe meglio) a stretto contatto con quei ragazzi con cui volete comunicare. Non parlate (o scrivete) di cose che non conoscete a fondo e soprattutto non rivolgetevi ai giovani (studenti alle prime armi) se non avete maturato l'esperienza per farlo.
Un saluto
Marco
@ Rosy
RispondiEliminaCara Rosy, provo a rispondere io alle tue domande e poi eventualmente Annarità mi correggerà.
Il cervello non è programmato bensì programmabile.
Dicendo che il cervello è programmabile intendo che non si nasce con un marchio di fabbrica che ci identifica e che ci portiamo dietro per tutta la vita. Non nasciamo matematici (o poeti, o artisti ecc.), lo diventiamo nel tempo.
Chi programma il nostro cervello è prima di tutto l'ambiente che ci circonda e per ambiente intendo anche le persone. Successivamente siamo noi stessi a continuare la programmazione informandoci, studiando, approfondendo, memorizzando ecc.
Credo che il cervello vada immaginato (alla nascita) come una grossa scatola vuota, dove all'inizio è più l'istinto naturale a guidarci che la reale consapevolezza o la capacità decisionale. Poi, con il passare dei giorni, mesi ed anni, questa scatola viene riempita di tante e varie cose. Chi la riempie? Sicuramente ambiente e persone a noi vicine, ma poi soprattutto NOI.
Ecco, forse il "trucco" è far mettere in quella scatola meno cose agli altri in modo da lasciare più spazio per le cose che NOI decidiamo consapevolmente di inserire. Credo sia importante, anche perché lo spazio in quella scatola è potenzialmente infinito, ma in realtà è condizionato da tanti altri vincoli che lo rendono "esauribile".
Un salutone
Marco
Rosaria, non c'è niente di strano: sono i risultati di una ricerca svolta su persone che manifestano ansia quando devono affrontare una prestazione di tipo matematico.
RispondiEliminaNon è la matematica a mandare in tilt il cervello, ma l'ansia prima della prestazione: un compito, un test, una verifica di tipo matematico. E ciò, ovviamente, non vale per tutti, ma soltanto per coloro che provano ansia nei confronti della matematica. I matematici sono persone che amano la matematica e quindi non sono soggetti a forme d'ansia particolarmente stressati, ma soltanto ad una forma di concentrazione prima di qualsiasi prova.
Interessante è il fatto che, durante lo svolgimento dei test matematici, nelle persone monitorate non si attiva l'area cerebrale del dolore, quindi non è la matematica in se stessa ad attivare tale area, ma l'ansia prima della prestazione.
Conclusione:la Matematica non fa male a nessuno, ma è l'ansia nei confronti delle prove matematiche ad attivare il dolore fisico nell'area del cervello.
E questo non è generalizzato a tutti, ma solo agli ansiosi per la matematica.
Per quanto riguarda la tua domanda se il nostro cervello è programmato alla nascita, non posso risponderti in un commento anche perché del cervello si conosce ancora poco. Ti lascio questo link:
http://www.hippocampo.net/blog/47-blog-category/160-il-cervello-ansioso
Un bacione.
Vincenzo, che cosa vuoi dire con la tua considerazione? Allora a Matematica e a Fisica? Non è questo il significato dei risultati della ricerca.
RispondiEliminaE' ovvio che, coloro che scelgono un corso di laurea delle scienze dure, non sono particolarmente coinvolti, perché si presume che non nutrano particolari forme di ansia nei confronti della matematica, altrimenti avrebbero scelto altri corsi di laurea.
La ricerca riguarda gli adulti che nutrono forme di ansia nei confronti della Matematica. E l'ansia non è paura, perché si ha paura di qualcosa di concreto. L'ansia investe, invece, altre sfere e può sfociare in una vera e propria ossessione o forma di fobia.
Marco, intanto preciso che il termine programmato o programmabile non mi piace molto...perché qui sono in gioco componenti ed elementi complessi e trasversali, che travalicano il concetto di programmabilità.
RispondiEliminaCiò che è sicuramente provato dalla ricerca scientifica è il fatto che ci sia una componente biologica nelle nostre emozioni e nei nostri comportamenti. Non potrebbe essere diversamente. La stessa intelligenza, che è difficilissimo, se non impossibile definire, risente di questa base biologica: il nostro DNA.
Quindi è vero che non nasciamo matematici, poeti, artisti, esploratori, musicisti, ecc. ma le ricerche come quelle di Howard Gardner sulle intelligenze multiple indicano la presenza negli individui di veri potenziali biologici, che però devono essere opportunamente attivati. E qui interviene l'ambiente e le occasioni che esso offre. Nel senso che si può nascere con un potenziale biologico atto alla Musica, ma, se non si avrà l'opportunità di studiare la musica, non si diventerà mai un vero musicista nel significato più pieno del termine, ma si avrà sicuramente un "orecchio musicale".
Un salutone.
Annarita
Ho letto con molto interesse sia te marco che la nostra Annarita e vi ringrazio di avermi come dire illuminata.Grazie.
RispondiEliminaUn caro saluto ad Annarita e a te Marco.
@ Annarita
RispondiEliminaProbabilmente i termini "programmato o programmabile" non sono felicissimi e sono stati usati più che altro "in continuazione" al commento di Rosy per rispondere in modo più diretto alla domanda.
Sono consapevole della complessità dell'argomento (difficile da elaborare in un semplice commento) come pure della componente biologica che in qualche modo ci "segna" sin dalla nascita.
Concordo pienamente con te ed il contenuto del tuo commento. Mi chiedo soltanto quanto la componente biologica influisca rispetto all'ambiente post-nascita ed al crescere e divenire. Voglio dire, chi ha "orecchio musicale" potrà seguire due strade: la musica o altro. Se sceglie (potendo scegliere) la musica sarà sicuramente favorito dalla sua predisposizione biologica, se invece sceglie altro, ad esempio la Matematica, potrà essere un buon matematico? Io credo di si. Magari non raggiungerà i massimi livelli, ma con passione, studio ed applicazione potrà arrivare ad ottimi traguardi. Io credo, anzi SPERO, che sia così. Spero che la componente biologica sia (e di molto) meno importante rispetto alla passione e la volontà di affrontare un certo percorso per il quale magari la Natura non ci ha proprio agevolati. Spero che, nonostante il DNA, ognuno possa scegliere. E per scegliere credo sia più importante quello che succedo dopo la nascita che quello che succede prima.
Mi rendo conto che il mio discorso non ha nulla di scientifico ( e che è anche un po' OT), ma mi piace l'utopica idea che tutti partiamo dallo stesso nastro e che se anche qualcuno ha nelle gambe più muscoli, con la passione e il sacrificio, ognuno possa "recuperare" (magari anche superare) durante il tragitto ed arrivare sempre e comunque al traguardo (primo o ultimo non importa).
Chiudo chiedendomi: meglio un musicista con "orecchio musicale" o uno che si è fatto e si fa il mazzo per fare il musicista? Io simpatizzo per il secondo anche se poi sarà il primo (forse) a creare il capolavoro.
Un salutone
Marco
Marco, non è tutto così lineare in questo campo. Le argomentazioni che ho portato sono soltanto delle semplificazioni per gettare le basi di una discussione.
RispondiEliminaQuanto influisca il potenziale biologico rispetto all'ambiente in cui un individuo cresce e si sviluppa. Dipende dalle condizioni al contorno.
Il potenziale biologico è il punto di partenza, ma può disperdersi per strada se non trova le condizioni ambientali a farlo diventare, da potenza, atto.
Voglio dire che l'"orecchio musicale" rimarrà solo tale se la persona non avrà le occasioni per metterlo a frutto. Mio marito, ad esempio, ha un grande potenziale artistico. A cinque anni si costruiva i colori con la terra e altre cose che trovava nei campi. Ha studiato Arte, ma la vita lo ha messo nelle condizioni di fare tutt'altro. E sai una cosa? E' diventato bravissimo nel suo ambito lavorativo, che è l'Azienda. Sa pianificare ed organizzare in maniera eccellente, con una precisione ed una pragmaticità che, in genere, non viene attribuita ad un artista. Conclusione? L'intelligenza è modificabile e non un monolite inamovibile. Le risorse umane sono incredibili! Studio, volontà, determinazione, in relazione all'ambiente di vita, possono far sviluppare nelle persone anche capacità impensate.
Per concludere, anch'io simpatizzo per il secondo, ma ricorda che c'è anche una terza possibilità: il musicista con "l'orecchio musicale" che si è fatto ugualmente il mazzo per diventare musicista perché magari nato in una famiglia senza mezzi economici.
Quasi sicuramente questo creerà il capolavoro...ed ha tutta la mia simpatia.
Un salutone.
Annarita
@ Annarita
RispondiEliminaHai ragione, non avevo pensato alla terza possibilità, a colui che ha la "dote" e che non vuole sprecarla e si fa il mazzo perché l'ambiente gli mette i bastoni tra le ruote. Simpatizzo (e molto) anche per lui.
Riguardo al potenziale della possibile discussione che può nascere, diciamo che noi abbiamo provato a lanciare qualche sassolino, se poi si sviluppa ben venga.
A ri-saluto
Marco
PS:
mi sa che si è perso il mio primissimo commento; puoi verificare? Grazie.
Marco, grazie di avermi segnalato la presenza del tuo primo commento. L'ho trovato e pubblicato.
RispondiEliminaSarebbe stato un peccato non pubblicarlo perché offre diversi e interessanti spunti di riflessione.
Concordo sul contenuto.
Grazie ancora:).
Annarita
ah eccolo! l'articolo che ci aveva spiegato in classe dell'insula posteriore. bhe è davvero molto piccola rispetto al cervello. comunque da me si è attivata anche stamattina per la verifica dei verbi: lì sì che ero ansiosa :)
RispondiEliminaPosso comprendere, Camilla! Con i verbi non si scherza mica;)
RispondiEliminaè proprio vero queelo che dice questo articolo a noi viene l'ansia per le verifiche d' inglese sui verbi irregolari e le verifiche sulle unità!!
RispondiEliminaA lunedì prof buon weekend!!!:)
Valeria, sara, ancora verbi!!! Mi consola il fatto che non nominate l'ansia per le verifiche di Matematica;)
RispondiEliminaA lunedì! Buon w.e. anche a voi:)
sì ma i verbi da imparare sono 90 e non riesco mai a farli tutti giusti!
RispondiEliminaHai ragione, Camilla. 90 verbi sono un gran numero...posso comprendere l'ansia, ma sono sicura che riuscirai a ricordarli prima o poi:)
RispondiEliminaHai ragione, Camilla. 90 verbi sono un gran numero...posso comprendere l'ansia, ma sono sicura che riuscirai a ricordarli prima o poi:)
RispondiEliminagrazie prof visto che oggi abbiamo la verifica di antologia i sento ancora piu in ansia
RispondiEliminaRkia, ma a che ora hai lasciato il commento???
RispondiEliminaVedo che l'ansia da prestazione si manifesta anche per altre discipline!
si il commento lo lasciato reso
RispondiEliminapresto visto che è sempre occupato. si in molte altre discipline.a domai prof.
Rkia,che cosa "è sempre occupato"? Il pc di casa tua?
RispondiEliminaMi dispiace che tu provi ansia "in molte altre discipline". Ne riparliamo a scuola...
A giovedì!
Rkia,che cosa "è sempre occupato"? Il pc di casa tua?
RispondiEliminaMi dispiace che tu provi ansia "in molte altre discipline". Ne riparliamo a scuola...
A giovedì!
Davvero interessante questo post prof come ha gia detto Cammilla è piccolissima in confronto all'intero cervello bensì ha una sua funzione importante e possiamo dire negativa visto che ci fa sentire paura però la natura così come il corpo umano è perfetto così com'è quindi dovra pur avere una sua funzione no??Comunque io non sento troppo la pressione nelle verifiche tranne che per i temi, quelli no li sopporto proprio,cominque cercherò di essere come lei e mi metterò alla prova come ha fatto lei da ragazza. Arrivederci e a giovedì
RispondiEliminainterssante,deve essere proprio doloroso perchè di test ne abbiamo molti a scuola e anche se si è adulti la vita è un continuo test, un problema da risolvere
RispondiEliminaLuca, scusami, avevo letto il tuo commento e pensavo di aver già risposto!
RispondiEliminaLe tue considerazioni sono condivisibili. Bravo! Occorre mettersi in gioco e sfidare se stessi, alle volte, nella vita:)
Concordo, Andrea! Nella vita, le prove non finiscono mai:)
RispondiElimina